Corso di formazione per diaconi e presbiteri
OBIETTIVI
A più di dieci anni dalla pubblicazione della Nota Pastorale della CEI “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia” (30 maggio 2004), il Centro Regionale per la formazione permanente del Clero “Madre del Buon Pastore” con questo corso intende riprendere le tematiche ivi affrontate verificandone la loro attuazione nel contesto delle nostre chiese locali. La Nota pastorale impegnò i vescovi italiani per più di due anni, in diverse sessioni del Consiglio Episcopale Permanente e, soprattutto, in tre Assemblee Generali dell’episcopato: quella di maggio 2003 a Roma, dedicata all’“Iniziazione cristiana”; quella di novembre 2003 ad Assisi, su “La parrocchia: Chiesa che vive tra le case degli uomini”; infine quella di maggio 2004, ancora a Roma. Nell’introduzione i vescovi sintetizzano il documento in sette punti, «nella forma di obiettivi, tenendo presente che vanno ripensati e concretizzati, nelle forme e nei tempi, a seconda delle situazioni diocesane:
1. Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù: le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo.
2. L’iniziazione cristiana, che ha il suo insostituibile grembo nella parrocchia, deve ritrovare unità attorno all’Eucaristia; bisogna rinnovare l’iniziazione dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana.
3. La domenica, giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo, sta alla sorgente, al cuore e al vertice della vita parrocchiale: il valore che la domenica ha per l’uomo e lo slancio missionario che da essa si genera prendono forma solo in una celebrazione dell’Eucaristia curata secondo verità e bellezza.
4. Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza.
5. Le parrocchie devono continuare ad assicurare la dimensione popolare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali: c’è bisogno di parrocchie che siano case aperte a tutti, si prendano cura dei poveri, collaborino con altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovano cultura in questo tempo della comunicazione.
6. Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una “pastorale integrata” in cui, nell’unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda delle situazioni – dalle unità pastorali alle vicarie o zone –, valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti.
7. Una parrocchia missionaria ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del Vangelo, preti più pronti alla collaborazione nell’unico presbiterio e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni, anche per la pastorale d’ambiente, e creando spazi di reale partecipazione».
A partire da questi sette punti ci si rende conto che è giunto il momento di parlare della parrocchia al plurale. Nessuna autoreferenzialità può condurre a un’azione evangelizzatrice nella sua integralità.
L’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco parla di “chiesa in uscita” e di “pastorale in conversione”. Il Papa auspica che “tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno” (EG 25). A tal proposito elenca anche le modalità di cambiamento: la pastorale ordinaria deve essere più espansiva e aperta: “La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità” (EG 28). Il Papa esorta pertanto a far sì che le parrocchie vivano a contatto con le famiglie e con la vita del popolo, non diventino strutture separate dalla gente o elitarie, siano comunità di comunità, centri missionari: “Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo discepoli e missionari, ma che siamo sempre discepoli-missionari” (EG 120). Alla conversione pastorale e missionaria delle parrocchie, il Papa aggiunge la conversione della chiesa locale e del suo vescovo e la conversione del papato. Per questo è necessario abbandonare il criterio pastorale del “si è fatto sempre così” e il camminare da soli, senza contare sull’aiuto del vescovo e dei fratelli per un saggio e realistico discernimento pastorale (cf. EG 33).
A più di dieci anni dalla pubblicazione della Nota Pastorale della CEI “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia” (30 maggio 2004), il Centro Regionale per la formazione permanente del Clero “Madre del Buon Pastore” con questo corso intende riprendere le tematiche ivi affrontate verificandone la loro attuazione nel contesto delle nostre chiese locali. La Nota pastorale impegnò i vescovi italiani per più di due anni, in diverse sessioni del Consiglio Episcopale Permanente e, soprattutto, in tre Assemblee Generali dell’episcopato: quella di maggio 2003 a Roma, dedicata all’“Iniziazione cristiana”; quella di novembre 2003 ad Assisi, su “La parrocchia: Chiesa che vive tra le case degli uomini”; infine quella di maggio 2004, ancora a Roma. Nell’introduzione i vescovi sintetizzano il documento in sette punti, «nella forma di obiettivi, tenendo presente che vanno ripensati e concretizzati, nelle forme e nei tempi, a seconda delle situazioni diocesane:
1. Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù: le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo.
2. L’iniziazione cristiana, che ha il suo insostituibile grembo nella parrocchia, deve ritrovare unità attorno all’Eucaristia; bisogna rinnovare l’iniziazione dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana.
3. La domenica, giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo, sta alla sorgente, al cuore e al vertice della vita parrocchiale: il valore che la domenica ha per l’uomo e lo slancio missionario che da essa si genera prendono forma solo in una celebrazione dell’Eucaristia curata secondo verità e bellezza.
4. Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza.
5. Le parrocchie devono continuare ad assicurare la dimensione popolare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali: c’è bisogno di parrocchie che siano case aperte a tutti, si prendano cura dei poveri, collaborino con altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovano cultura in questo tempo della comunicazione.
6. Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una “pastorale integrata” in cui, nell’unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda delle situazioni – dalle unità pastorali alle vicarie o zone –, valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti.
7. Una parrocchia missionaria ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del Vangelo, preti più pronti alla collaborazione nell’unico presbiterio e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni, anche per la pastorale d’ambiente, e creando spazi di reale partecipazione».
A partire da questi sette punti ci si rende conto che è giunto il momento di parlare della parrocchia al plurale. Nessuna autoreferenzialità può condurre a un’azione evangelizzatrice nella sua integralità.
L’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco parla di “chiesa in uscita” e di “pastorale in conversione”. Il Papa auspica che “tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno” (EG 25). A tal proposito elenca anche le modalità di cambiamento: la pastorale ordinaria deve essere più espansiva e aperta: “La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità” (EG 28). Il Papa esorta pertanto a far sì che le parrocchie vivano a contatto con le famiglie e con la vita del popolo, non diventino strutture separate dalla gente o elitarie, siano comunità di comunità, centri missionari: “Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo discepoli e missionari, ma che siamo sempre discepoli-missionari” (EG 120). Alla conversione pastorale e missionaria delle parrocchie, il Papa aggiunge la conversione della chiesa locale e del suo vescovo e la conversione del papato. Per questo è necessario abbandonare il criterio pastorale del “si è fatto sempre così” e il camminare da soli, senza contare sull’aiuto del vescovo e dei fratelli per un saggio e realistico discernimento pastorale (cf. EG 33).
METODO
Il corso intende riprendere la Nota pastorale della CEI e l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium attraverso una presentazione delle tematiche principali. La sua conduzione è affidata a docenti delle Istituzioni teologiche riconosciuti per le loro competenze professionali. I laboratori permetteranno ai partecipanti di confrontarsi verificando l’attuazione o meno degli obiettivi che si prefissero i vescovi italiani nella Nota pastorale.
DESTINATARI
Il corso si rivolge agli Allievi del VI anno di Teologia, ai diaconi, ai presbiteri ordinati recentemente, ai vicari parrocchiali, ai neo-parroci e a quanti esercitano il ministero pastorale parrocale da diversi anni.
Il corso si rivolge agli Allievi del VI anno di Teologia, ai diaconi, ai presbiteri ordinati recentemente, ai vicari parrocchiali, ai neo-parroci e a quanti esercitano il ministero pastorale parrocale da diversi anni.