Il Concilio Vaticano II “orientale”
Era inevitabile che anche il Concilio Vaticano II, per i troppi complessi, articolati e correlati problemi che dal suo accadimento storico sono scaturiti, divenisse oggetto di una particolare ininterrotta rivisitazione storico-critica che da cinquant’anni dalla sua celebrazione continua in vista della sua corretta ricezione, interpretazione, adeguata ermeneutica, giusta chiave di lettura e applicazione dei diversi suoi dettati. Ma pur trattandosi di un avvenimento ecclesiale oggetto di numerose e diverse storiografie che hanno continuato a sviscerare ogni recondito aspetto manifesto e occulto, confessato e inconfessato vivisezionandone la memoria degli ultimi testimoni e la produzione documentaria pubblica e privata, ufficiale e diaristica, ancora adesso rimane inesplorata una prospettiva che pensiamo di delineare sinteticamente nel seguente enunciato che di fatto esplicita al contempo l’oggetto materiale e quello formale del presente lavoro: il Concilio Vaticano II “orientale”. Una tale essenzialità postula la necessaria previa esplicitazione del reale ambito del nostro procedere. Abbiamo virgolettato “orientale” proprio perché è l’intento fondamentale di questo testo porre a tema la questione relativa alla problematica presenza/assenza, soprattutto all’interno delle quattro costituzioni conciliari, di una mens pienamente cattolica in ordine alla feconda integrazione della dimensione occidentale con quella orientale. E ciò perché la cattolicità della Chiesa non può in nessun ambito lasciarsi identificare, ricondurre o ridurre a una sola, tra le tante della sua ricca e variegata tràdita mediazione.